Le pandemie della storia nelle carte degli Archivi d’Italia

Franceschini: tanti contenuti scritti nel libro sono utili nel presente

Conoscere e approfondire le ricette che sono state messe a punto per contrastare i terribili effetti delle pandemie susseguitesi nei secoli. È un lungo percorso a ritroso, ricco di immagini e di testimonianze, quello che la Direzione Generale Archivi ha reso possibile grazie alla sapiente valorizzazione di preziosi documenti d’archivio, ora raccolti nel volume “Epidemie e antichi rimedi tra le carte d’archivio”, edito dal Ministero della Cultura.

Il volume ripercorre la risposta che le diverse comunità hanno dato nel tempo ad alcune delle più drammatiche emergenze sanitarie del passato e suggerisce una prima, immediata riflessione nel lettore intento a sfogliarlo: quanto numerose e inaspettate possano essere le analogie che la nostra storia comune, anche se molto lontana, condivide con le vicende di oggi. 

Il testo è il frutto dell’appassionato lavoro di ricerca collettivo svolto dagli Istituti archivistici italiani che hanno dimostrato, attraverso un’accurata selezione di testimonianze cartacee, come parole quali quarantena, chiusura forzata e distanziamento sociale facessero parte di un amaro ritornello tristemente ripetuto già nel XV secolo e giunto poi fino ai nostri giorni.

Il Ministro Dario Franceschini, che ha curato la prefazione del libro, ha osservato come “tanti contenuti scritti nel libro sono utili nel presente. Si può imparare molto dal passato, per esempio distanziamento e mascherine non sono un’invenzione di oggi”. Non a caso, anche il medico della peste della stampa seicentesca – riprodotto nella copertina del volume – indossa un dispositivo protettivo a forma di becco, tipico della sua divisa, utilizzato per contenere essenze aromatiche e polveri varie che si credeva agissero come filtro per impedire il passaggio dei batteri infettanti.

Sfogliando le pagine del testo, la peste, il colera, il vaiolo, l’influenza spagnola del XX secolo, gli ultimi casi di peste bubbonica alla fine della seconda guerra mondiale e altre epidemie ancora vengono raccontate non nella tradizionale forma narrativa, ma attraverso i documenti d’archivio.

Vi si ritrovano i divieti di circolazione, i provvedimenti delle autorità pubbliche per arginare il diffondersi dei contagi, le relazioni ufficiali sulla salute pubblica, le patenti di sanità per le navi, gli editti locali e nazionali, i biglietti anonimi che accusavano le autorità di avere intenzionalmente diffuso l’epidemia. Tra le carte del volume anche i documenti redatti dai notai ai moribondi e le incisioni raffiguranti santi protettori come Sant’Eustachio invocati dai fedeli per guarire le infezioni.
Tutti frammenti di una storia lontana che ricordano da vicino le dinamiche, ormai familiari, della pandemia da Covid-19, comprese le reazioni delle popolazioni tra scetticismo, scoramento e fiducia.

Ma il volume parla anche di progetti di ampliamento per gli ospedali, di cure, di rimedi, di dispute scientifiche, di locandine promozionali della vaccinazione, del sostegno delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali come la Croce Rossa, dei successi degli studi e delle ricerche e, infine, del sollievo per aver raggiunto l’unico traguardo desiderato: il proclama di fine epidemia e la ripresa della vita sociale.

Un’efficace testimonianza della pervicacia con cui gli uomini hanno sempre reagito al flagello delle pandemie; un lavoro che ambisce ad essere un “potente antidoto alla paura ed al disorientamento del presente, e la guida sicura che può orientarci nell’immaginare il futuro”, come ha scritto Anna Maria Buzzi, Direttrice generale Archivi di Stato, nell’introduzione del volume.

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